Ai fini dell’individuazione della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio “non rileva la veste societaria (dell’ente), dovendosi avere riguardo al tipo di attività svolta, in quanto riflettente il pubblico servizio, che mira a realizzare interessi pubblici“.
La Suprema Corte ravvisa pertanto “l’indifferenza della natura di organismo di diritto pubblico rispetto all’esigenza di accertare la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio”.
Trattandosi, infatti, di nozione finalizzata all’applicazione di una determinata disciplina giuridica – quella relativa all’aggiudicazione degli appalti pubblici – siffatta natura “al più può costituire un utile indizio per pervenire alla detta verifica; ma che al contempo non sarebbe dirimente, perché ciò che finisce per rilevare non è che l’attività svolta venga imputata ad un soggetto di diritto pubblico bensì che il servizio pur se reso attraverso organismi di diritto privato, sia volto a realizzare finalità pubbliche“.
Ai fini dell’accertamento della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, si evidenzia infatti come “occorra guardare oggettivamente all’attività svolta ed al modo in cui la stessa si correla al perseguimento di interessi pubblici“.
Quale diretta conseguenza del criterio oggettivo-funzionale adottato dal Legislatore (nella riformulazione degli artt. 357/358 c.p.) “la qualifica pubblicistica dell’attività in questione prescinde dalla natura dell’ente in cui è inserito il soggetto e dalla natura pubblica dell’impiego” (ex multis, Sez. 6, Sent. del 8 maggio 2020, n. 14171).
Avuto dunque riguardo alla categoria soggettiva rappresentata dall'”Organismo di diritto pubblico“, si osserva pertanto che “per giungere alla qualificazione soggettiva dell’agente come incaricato di pubblico servizio non è dunque decisivo il riferimento a quelle categorie soggettive create per delimitare l’ambito di applicazione della disciplina dei contratti pubblici per la presenza degli indici di pubblicità dell’ente che sono stati normativamente previsti dal c.d. Codice degli Appalti con riferimento alla definizione di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica (v. art. 3 D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
Nella nozione di servizio pubblico delineata dall’art. 358 cod. pen. assume rilevanza più che la connotazione soggettiva pubblica dell’ente, quella oggettiva della natura dell’attività svolta, con la conseguenza che la qualità di servizio pubblico viene ad essere correlata a due requisiti essenziali, quello teleologico della finalità di interesse generale dell’attività svolta, e quello normativo, della previsione di una disciplina di carattere imperativo che, in ragione della rilevanza di interesse generale dell’attività svolta, ne disciplini le modalità di svolgimento con stringenti limiti all’autonomia privata allo scopo di salvaguardare il prevalente interesse generale rispetto a quello privato”.
Ne discende il riconoscimento della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio in capo ai soggetti apicali di un organismo di diritto privato che svolga “in concreto” un servizio volto a realizzare finalità pubbliche.
La condotta appropriativa resa dall’apicale (qualificato) mediante “sottrazione all’ente di denaro avente un’incontrovertibile destinazione pubblicistica” integra pertanto il delitto di peculato.